Domenica 10 aprile un nutrito gruppo di GAStoni si è mosso alla volta di Berzano di Tortona per la consueta festa primaverile della comunità di famiglie di Berzano e della Corte Solidale. Il fatto che a me piace sempre scegliere la strada che ha più possibilità di smarrimento, ci ha permesso di fare un bel viaggio tra piccoli paesini e le dolci colline tortonesi.
Appena arrivati a destinazione, Enzo, Luca e Stefano ci hanno accolto e mostrato la corte. In quella che un tempo era l’antica proprietà del conte Boniforte, che oggi dà il nome a uno dei due vini “riserva” prodotti dall’azienda, adesso esistono abitazioni, spazi comuni, una foresteria, un ampio spazio aperto e persino la chiesetta parrocchiale di Berzano.
Prima di pranzo, per sollecitare appetito e sete, siamo stati condotti a una bella passeggiata attraverso i terreni del podere: l’orto, il pascolo delle pecore, il bosco e i vigneti.
Dopo un aperitivo con pizze e focacce di produzione locale e un bicchiere del nuovo e buonissimo vino Chiaretto di Luna, ci siamo messi a tavola per gustare le prelibatezze preparate per noi: pasta con piselli, frittelle di cavolfiore, verdure grigliate, zuppa di fagioli con salsicce (al primo posto delle mie preferenze), frittate con erbe, insalata e, ovviamente, il vino.
Dopo gli immancabili dolce e caffè, Enzo, Luca e Stefano ci hanno raccontato meglio il loro Progetto. La comunità di Berzano è giunta ad avere otto famiglie provenienti da città, storie e mestieri diversi ma unite dal desiderio di una vita che cerca la serenità tramite la semplicità, la fiducia reciproca, la condivisione del lavoro e dei beni materiali. Per condivisione s’intende il principio del dare secondo possibilità e prendere secondo bisogno: ognuno da quello che ha o guadagna e prende quello che pensa gli debba servire.
A proposito del vile denaro: i ragazzi non mettono mai una quota fissa per i loro eventi ma lasciano tutto all’offerta volontaria e secondo coscienza: un bel modo per invogliare l’ospite alla riflessione sul lavoro che sta dietro la preparazione di un pranzo.
All’interno della Comunità, trova spazio l’azienda agricola che, come raccontato anche da Daniela nel resoconto dello scorso anno, produce il vino secondo i principi dell’agricoltura biologica, delle lavorazioni tradizionali e della solidarietà nei rapporti tra persone. Ovviamente, all’inizio non è stato facile ma i vicini di casa e altri gruppi mossi da simili ideali non hanno fatto mancare il supporto e direi che i risultati sono ottimi!
Durante la giornata c’è stato modo di parlare di tante altre iniziative legate alla comunità: in particolare c’è stato molto interesse per l’uso della lana per produrre oggetti in feltro o per l’agricoltura sinergica (su questo forse qualcuno può fornire maggiori dettagli).
Per finire, prima di tornare in città, non poteva mancare un giro e qualche assaggio nelle cantine (peccato dovessi guidare!) e un acquisto di qualche souvenir in bottiglia.
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IMPRESSIONI SU ASTORFLEX - di Fabrizio Valenza
Martedi 23 novembre all’incontro con Astorflex e relativa consegna delle scarpe presso i locali della Comunità di San benedetto, eravamo un bel po’ di gente: noi gastoni, il Wikigas, altri gas o semplici “curiosi”.
A parlare per Astorflex c’era Gigi Perinello, un simpatico veneto che qualche anno fa ha coinvolto Astorflex per la produzione di scarpe per i GAS e in seguito, altre piccole aziende di abbigliamento.
A parlare per Astorflex c’era Gigi Perinello, un simpatico veneto che qualche anno fa ha coinvolto Astorflex per la produzione di scarpe per i GAS e in seguito, altre piccole aziende di abbigliamento.
Gigi ci ha spiegato un po’ come è nata l’idea delle scarpe, come è stata realizzata, come ha avuto successo grazie anche al servizio di Report, come viene portata avanti e inoltre, ha dato qualche delucidazione tecnica sulla produzione.
Sull’azienda penso che più o meno ne sia nota la storia: qualche anno fa si è messa in moto per cercare di produrre le proprie scarpe secondo parametri di rispetto di ambiente e lavoro cercando di fornire prodotti di alta qualità che non fossero però da radical chic, insomma che non fossero troppo costosi.
Tra l’altro, è uscito un po’ fuori il discorso che l’azienda produce non solo per i GAS ma anche per la grande distribuzione con qualità inferiore e con alcune lavorazioni in Romania (mi sembra che ci fossero state polemiche su questo punto). Ad ogni modo, dopo soli due anni la produzione per i GAS ha una quota del 40% ed è in continua ascesa, i lavoratori (tutti a tempo indeterminato) sono passati da 28 a 55… non male per un settore che sta chiudendo un po’ ovunque.
Sull’azienda penso che più o meno ne sia nota la storia: qualche anno fa si è messa in moto per cercare di produrre le proprie scarpe secondo parametri di rispetto di ambiente e lavoro cercando di fornire prodotti di alta qualità che non fossero però da radical chic, insomma che non fossero troppo costosi.
Tra l’altro, è uscito un po’ fuori il discorso che l’azienda produce non solo per i GAS ma anche per la grande distribuzione con qualità inferiore e con alcune lavorazioni in Romania (mi sembra che ci fossero state polemiche su questo punto). Ad ogni modo, dopo soli due anni la produzione per i GAS ha una quota del 40% ed è in continua ascesa, i lavoratori (tutti a tempo indeterminato) sono passati da 28 a 55… non male per un settore che sta chiudendo un po’ ovunque.
Da un punto di vista tecnico, ha spiegato un po’ come nasce la scarpa, come vengono conciate le pellli, ecc.
E’ interessante come questo progetto abbia coinvolto piccoli laboratori poco più che artigiani che portano avanti lavorazioni tradizionali e che stavano per chiudere.
Insomma, Gigi ha spiegato le ottime qualità delle scarpe come farebbe un oste parlando del proprio vino e ha sparato a zero su varie marche di scarpe: per esempio, un paio di polacchine di marca possono costare 120 euro per una scarpa di qualità pessima, parti in vista in pelle (di scarsa qualità) e parti nascoste di plastica, lavoratori sfruttati ecc, tanto il cliente è già orientato all’acquisto di una certa marca, entra nel negozio e non si pone troppe domande sulla qualità.
E’ interessante come questo progetto abbia coinvolto piccoli laboratori poco più che artigiani che portano avanti lavorazioni tradizionali e che stavano per chiudere.
Insomma, Gigi ha spiegato le ottime qualità delle scarpe come farebbe un oste parlando del proprio vino e ha sparato a zero su varie marche di scarpe: per esempio, un paio di polacchine di marca possono costare 120 euro per una scarpa di qualità pessima, parti in vista in pelle (di scarsa qualità) e parti nascoste di plastica, lavoratori sfruttati ecc, tanto il cliente è già orientato all’acquisto di una certa marca, entra nel negozio e non si pone troppe domande sulla qualità.
Tanto per fare un altro esempio di prodotti di aziende coinvolte nel progetto, si possono citare le magliette tipo polo: la fabbrichetta le produceva per una nota marca ma poi i coccodrilli si sono spostati in bangladesh e producono magliette senza usare più il doppio filo ritorto e quindi dopo un po’ si sformano, costo: 100€. Loro continuano a produrle con materiale di prima qualità e le vendono a 29€.
Chiosa sul marketing: Le marche “note” spendono più del 90% tra pubblicità e marketing vario (tipo assicurarsi uno spazio in un bel centro commerciale) e risparmiano il cent usando materiali scadenti oltre che sfruttando lavoro ed ambiente. Astorflex spende il 70% in materiali e lavoro…
Chiosa sul marketing: Le marche “note” spendono più del 90% tra pubblicità e marketing vario (tipo assicurarsi uno spazio in un bel centro commerciale) e risparmiano il cent usando materiali scadenti oltre che sfruttando lavoro ed ambiente. Astorflex spende il 70% in materiali e lavoro…
Insomma, per sintetizzare, l’impressione è stata davvero buona.
Dopo questa interessante chiacchierata, durata ca. 45 min ci siamo finalmente spostati al teatro dove è avvenuta la consegna delle scarpe. In puro stile GAS, dopo aver scaricato gli scatoloni era tutto una confusione, un provarsi scarpe e maglie, scambiarsi pareri, far due chiacchiere…un po’ meglio di un solito negozio di scarpe no?
Dopo questa interessante chiacchierata, durata ca. 45 min ci siamo finalmente spostati al teatro dove è avvenuta la consegna delle scarpe. In puro stile GAS, dopo aver scaricato gli scatoloni era tutto una confusione, un provarsi scarpe e maglie, scambiarsi pareri, far due chiacchiere…un po’ meglio di un solito negozio di scarpe no?
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